Educare alle e nelle relazioni

Educare a vivere è un’espressione che rilancia l’urgenza di una riflessione antropologica sull’uomo e sulla sua dignità,  come soggetto capace di costituire un fine verso cui orientarsi in prospettiva educativa e sociale. Si tratta in sostanza di manifestare il carattere generativo dell’educazione che innanzitutto ponga al centro la costituzione relazionale della persona, in cui la reciprocità costituisca una nuova rinascita per la persona stessa e la comunità in cui è inserita.

Ritrovare il senso educativo nelle relazioni tra le persone comporta in primo luogo la capacità di dar valore all’esperienza e ai suoi significati affinché il progetto del vivere si orienti a riconoscere le sue sorgenti e le ragioni dell’appartenenza ad una realtà più grande in cui formulare ipotesi, instaurare confronti, vivere conflitti. Il senso della vita è quindi un cammino in cui l’esistere umano ritrova unità e grandezza interiore attivando comunicazione, accoglienza, riconoscimento reciproco per fare memoria dei valori che lo animano e coltivare la speranza nel futuro.

Nell’ambito scolastico il termine educazione connota, per lo più, l’attenzione e le intenzioni che si rivolgono ai bambini e ai ragazzi per raggiungere il loro pieno sviluppo. Tuttavia sarebbe riduttivo fermarci qui. Occorre invece comprendere che anche a scuola è importante vivere la varietà di relazioni tra persone e soggetti diversi come aiuto e guida ad aprirsi oltre noi stessi nella consapevolezza che qualsiasi esperienza di vita non è né esperienza unidirezionale, né esperienza di solitudine, ma sempre aperta ed esposta agli altri. E’ in questo contesto relazionale che l’esperienza  di ogni persona diventa originaria perché, da una parte, viene attivata dall’incontro con l’altro; dall’altra, mette la persona stessa nella condizione di compierla affinché altri possano vivere esperienze significative.

La consapevolezza di questa reciprocità richiede quindi iniziativa fondata su obiettivi che abbiano valore, che portino alla coerenza dell’azione e che siano animati dal desiderio di comunione tra le persone. I rapporti suscitati da una tensione verso la reciprocità esigono che le relazioni tra persone si esprimano all’interno di una comunità in cui ogni impegno umano, sociale e intellettuale sia fondato su rispetto, stima reciproca e parità di rapporti tra tutti i membri, pur nella distinzione delle funzioni necessarie alla vita e all’organizzazione della comunità stessa.

E’ quindi dentro la persona che si sviluppa la socievolezza come agire, mentre impariamo a stare con gli altri. In questo senso parlare di persona diventa per noi riferirci al fatto di “essere con gli altri”, di “essere in relazione con”, proiettando l’idea di persona verso un orizzonte ricco di significati. Analogamente questa prospettiva ci aiuta a comprendere il senso delle relazioni di rete tra le istituzioni scolastiche e tra queste e i loro territori. E’ su questa base di reciprocità tra soggetti istituzionali e non che si fondano le basi di una vita sociale animata da azioni reciproche, verso intenzioni e desideri determinati al raggiungimenti di scopi comuni e condivisi.

E’ un circuito virtuoso da riportare a livello di consapevolezza includendo nella nostra attenzione non solo la professione come ambito di ricerca da attivare e da affinare, ma anche la persona del professionista, docente e dirigente, coattore della relazione educativa e della vita della comunità scolastica. La persona del docente e del dirigente scolastico è chiamata in causa nella sua interezza che è fatta certo di competenze specifiche, ma anche di esercizio di umanità, di sguardo positivo, di capacità di restituire senso al lavoro, all’impegno e alla responsabilità di tutti i membri della comunità professionale e dell’intera comunità scolastica.

In particolare la comunità professionale esprime unitariamente la comunanza di intenti educativi, didattici e professionali e vive le relazioni tra docenti come occasione significativa di confronto e di sviluppo professionale, di ricerca educativa e didattica e di innovazione scolastica.

Questa tensione richiede in particolare una cura alla crescita e alla formazione della propria personalità, un’idea guida, una visione fondata su una forte passione e un intenso impegno per l’apprendimento nell’articolazione della progettazione di scuola e la condivisione di prospettive metodologiche come ambito di servizio alla persona dell’alunno.

 

Graziano Biraghi

Educare alla sessualità, educare all’affettività, educare alla relazione

Violenze, stupri in classe, manuali per il “sesso sicuro”, distributori di profilattici a scuola… e, nel contempo, deplorevoli casi di abuso che vengono alla luce.
Quali rimedi? Cosa può fare la famiglia? Cosa può fare la scuola? E gli educatori?
È sicuramente necessario vigilare per evitare ogni forma di violenza, ma ciò non basta. La migliore prevenzione – lo sappiamo bene – è un’efficace educazione. Educatori e istituzioni devono, con competenza e responsabilità, farsene carico e, nella loro opera, dovrebbero essere orientati da una continua formazione, supportati dai mass media e da criteri valoriali comuni.
La società potrebbe cambiare, se si prestasse adeguata attenzione alle problematiche educative e si assicurassero alle persone (specialmente ai più giovani) spazi adeguati per la loro crescita, ove si possa essere educati e aiutati a indirizzarsi verso il bene con adulti capaci di orientare e accompagnare – responsabilmente – le giovani generazioni lungo i sentieri della vita.
È quanto mai opportuna una valida educazione sessuale adeguata alle varie fasi della vita, quale responsabilità prioritaria della famiglia, in interazione con la scuola e con gli altri ambienti educativi. Questa, però, non può essere ridotta a una distribuzione di manuali, né può essere limitata a una serie di lezioni o alla proiezione di qualche filmato e tantomeno delegata alle mille “informazioni” che girano nella Rete e che vengono quotidianamente fruite da gran parte dei nostri ragazzi.

La famiglia, talora, delega tale necessaria educazione alla scuola; la scuola, a volte, la appalta a esperti esterni; gli esperti, spesso, la riducono a fredda istruzione, carente di ogni aspetto responsabilizzante ed educante; stampa, pubblicità e Tv, il più delle volte, “supportano” tale formazione, abbinando la sessualità al gossip, alla violenza, al “mercato”. Il tutto risulta, poi, “innaffiato” dalla cultura del possesso e non da quella del dono, del “faccio ciò che mi piace” e non del “faccio ciò che è bene”, dell’apparire e non dell’essere, del frammento e non del progetto di vita, del relativismo valoriale e non della coerenza.
Ribadiamo, perciò, che l’educazione sessuale debba tendere anzitutto a promuovere una nuova antropologia, orientata al pieno rispetto di ogni persona, e che, quindi, non può essere slegata dall’educazione al senso della vita, dall’educazione affettiva ed emotiva, dall’educazione alla responsabilità.
Riteniamo opportuno, pertanto, sollecitare percorsi adeguati di formazione per quanti hanno responsabilità educative e ribadire la necessità che la scuola, in dinamico rapporto con la famiglia e le altre istituzioni educative, debba prendersi cura di una piena educazione che colga nella sessualità una dimensione propria dell’uomo e della sua realizzazione a cui porre particolare attenzione.

Roma, 22 aprile 2010


La Presidenza nazionale AIMC