Elezioni regionali febbraio 2013. Far crescere la scuola lombarda per far crescere il Paese

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L’appuntamento elettorale costituisce un’occasione importante per avviare, con tutte le forze politiche in campo, un dialogo sulla scuola e sulla formazione. La crisi economica e delle realtà produttive impongono la messa a punto di strategie di investimento sul capitale umano, sui giovani, sulla forza lavoro in termini di conoscenza, ricerca e sviluppo, soprattutto in una regione, come la nostra, che si colloca in un sistema di relazioni nazionali ed internazionali altamente competitivo.
L’attenzione alle competenze regionali in materia di istruzione e formazione, alla famiglia, a quella parte di sistema di welfare chiamato a dare risposte al diritto allo studio, all’organizzazione e all’offerta formativa e al raccordo con il mondo del lavoro sono “titoli” di possibili priorità sulle quali vorremmo confrontarci in un dialogo a più voci, nella convinzione che scuola e formazione possano liberare energie per fare della scuola e della formazione il motore della ripresa, la risorsa su cui anche la nostra Regione può contare per ritornare a prospettive di crescita. Servono energie per superare i momenti di crisi. Crediamo e vogliamo una scuola che sappia sviluppare cultura, formare competenze, promuovere lavoro: capacità che la scuola può avere solo se sostenuta nella trasmissione di valori da politiche lungimiranti e di giusto respiro.

Il sistema scolastico attuale appare in grave difficoltà nell’offrire ai giovani un’effettiva occasione di apprendimento: nella nostra regione l’abbandono scolastico è ancora attorno al 17 %1. La Costituzione italiana in materia di istruzione e formazione prevede competenze dirette e concorrenti in capo alle Regioni con riferimento soprattutto alla Istruzione e Formazione professionale.
Nella nostra Regione il sistema dell’istruzione e formazione professionale ha mostrato di essere un effettivo strumento funzionale di contrasto alla dispersione, offrendo allo studente percorsi e modalità adeguati alle proprie esigenze di vita e alle proprie modalità di apprendimento e innalzando il livello medio della preparazione di base delle singole persone, così come il livello medio del capitale culturale delle generazioni più giovani.
Riteniamo che i percorsi di formazione professionale, anche attraverso la diretta esperienza lavorativa, debbano continuare a perseguire quel profilo “educativo, culturale e professionale” che favorisce in tutti gli studenti sia il pieno esercizio dei diritti di cittadinanza sia la possibilità di proseguire verso percorsi di studio superiore. In questo senso è importante che nei diversi percorsi di studio/formazione, tanto la “persona che apprende” quanto la “competenza” – intesa come variabile di riferimento per i sistemi di riconoscimento, valutazione e certificazione degli apprendimenti – vengano messi al centro di ogni politica scolastica per qualificare sempre più il sistema, superando l’attuale sottovalutazione dei percorsi secondari professionalizzanti.
Per questo sarà necessario programmare itinerari formativi di livello secondario e terziario di alto grado di specializzazione, con carattere di terminalità, con metodologie didattiche induttive, 1 Dato ISTAT 2011 che partano dal saper fare per giungere alla conoscenza, unitamente a percorsi di formazione permanente per una crescita professionale lungo tutto l’arco della vita. Sarà inoltre strategico fornire alla istituzioni scolastiche e formative risorse e conoscenze per programmare opportune iniziative di orientamento.
La Legge regionale 19/2007 sul sistema educativo di istruzione e formazione, deve continuare ad essere punto di riferimento rendendo ancor più incisiva e completa la sua applicazione. In particolare, la quota capitaria per l’assegnazione delle risorse – prevista dall’art. 28 – deve continuare ad essere attuata per permettere al sistema formativo di sintonizzarsi con le esigenze dei singoli utenti e del contesto economico-sociale in cui crescono. Vanno messi a punto nuovamente i “coefficienti e criteri correttivi a vantaggio delle aree svantaggiate, nonché in relazione alla collocazione territoriale, alle caratteristiche dell’utenza e alla tipologia e qualità dell’offerta formativa”, rendendo effettivo questo principio per l’assegnazione delle risorse e perseguendo il principio costituzionale degli artt. 30 e 34, volto a rimuovere gli ostacoli di ordine economico che impediscono la libera scelta dei percorsi educativi. A questo criterio sono riconducibili anche i contributi alle scuole pubbliche non statali e alle scuole dell’infanzia inserite nel sistema pubblico integrato (L.R. 8/1999 e L. 62/2000). Il sistema delle doti (scuola, formazione, sostegno), in quanto strumento di sostegno e di potenziamento della libertà e della responsabilità educativa delle famiglie, deve essere mantenuto, sviluppato e aggiornato al fine di completare la modernizzazione del sistema di erogazione di provvidenze a sostegno del diritto allo studio e della libertà di scelta educativa, nel rispetto delle aspettative delle famiglie, delle scuole e dei centri di formazione professionale.
A fronte della crisi economica, le misure di sostegno dovranno continuare ad essere rivolte all’intera platea degli studenti del sistema pubblico integrato (scuole statali e paritarie) e per questo dovranno contare su criteri di pubblicità, trasparenza ed equità. Particolare attenzione dovrà essere rivolta alla facilitazione della frequenza delle fasce deboli e alla valorizzazione dei risultati raggiunti dagli studenti più capaci.
La scuola lombarda in questi anni si è caratterizzata, in tutti gli ordini e gradi, per la sua offerta formativa, con l’ampliamento dei servizi e l’attivazione di specifici percorsi anche sperimentali. Gli interventi statali sugli organici del personale hanno messo però a rischio la possibilità di mantenere i livelli qualitativi e gestionali dell’offerta formativa. Si rende allora necessario garantire un’organizzazione scolastica funzionale allo sviluppo di tale offerta. In questo senso riteniamo che Regione Lombardia debba esercitare un ruolo propulsivo per la sollecita applicazione di quanto previsto nella Bozza di accordo Stato-Regioni del 19 giugno 2012. In particolare, all’interno di scelte che potenziano e sviluppano l’ autonomia delle istituzioni scolastiche, singole o collegate in rete, la ripartizione degli organici del personale dovrà prendere in considerazione alcuni dati di realtà: presenze di alunni stranieri, di alunni con disabilità, di tempo scuola erogato, della situazione oro-geografica. Parimenti per la Regione e le istituzioni scolastiche dovranno essere previste, con adeguati livelli di verifica, concrete possibilità di esercitare prerogative e competenze loro attribuite dalla legge, nonché percorsi istituzionali di valutazione di sistema, in sintonia con Invalsi, Indire e Enti internazionali di valutazione, in una logica di accountability.
Per mettere a punto e collaudare esperienze innovative sul piano didattico e sociale, va resa possibile la sperimentazione di nuovi modelli organizzativi, finalizzati a migliorare l’economicità, l’efficienza e l’efficacia del sistema di istruzione. Secondo quanto prevede la bozza di accordo della Conferenza Stato-Regioni si tratta di attuare una politica regionale capace di trovare soluzioni organizzative che permettano la concreta attuazione di un sistema a “geometria variabile” in cui possa diventare effettivo l’esercizio dell’autonomia delle singole Regioni. In questa prospettiva va proseguita la sperimentazione in atto sul coinvolgimento degli istituti professionali di stato nella formazione professionale. Infine è necessario raccordare in maniera più stringente il rapporto scuola/mercato del lavoro.
Per aiutare l’introduzione di una virtuosa circolarità tra la formazione acquisita dai giovani e la loro occupazione, la strada obbligata è quella di far entrare il mondo del lavoro, di tutti i lavori, nel cammino di formazione dei giovani, a partire già dalle scuole secondarie di I e II grado, ma ancor più durante gli anni universitari. Per questo è fondamentale rendere obbligatori i tirocini curriculari, anticipare agli ultimi anni universitari il praticantato per le professioni che fanno riferimento a ordini e collegi professionali, potenziare l’apprendistato di alta formazione.
L’apprendistato è oggi l’unica forma possibile di lavoro organizzato, protetto e correttamente remunerato che permette, durante gli studi, di conseguire un titolo dal valore legale. Il suo potenziamento è legato anche ad un diverso equilibrio tra il trattamento retributivo e la qualità/quantità della formazione garantita dall’impresa.
Risulta infine strategico favorire parternariati, incoraggiare sponsorizzazione di scuole e centri di formazione professionale, promuovere sinergie e aggregazioni di imprese, università, scuole, istituzioni pubbliche e private di servizi e di ricerca, anche per sviluppare settori trainanti della nostra economia e incentivare la mobilità nazionale ed internazionale dei giovani della nostra regione.
Su questi temi chiediamo ai candidati alla Presidenza della Regione Lombardia un incontro per un confronto operativo.

Disma Vezzosi – AIMC Lombardia, Silvio Colombini – CISL Scuola Lombardia, Marielal Ferrante –
Diesse Lombardia, Roberto Fraccia – DiSal Lombardia, Stefano Pierantoni – UCIIM Lombardia.

 

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L’AIMC sull’IMU alle scuole: più scuola, più scuole, per tutti!

In una fase di reale crisi, come quella che sta attraversando il nostro Paese, è doveroso che chi ha la pesante responsabilità di governo chieda sacrifici e trovi soluzioni, anche impopolari, ma necessarie nell’ottica del perseguimento del bene comune e nel supremo interesse della Repubblica.
Vi sono, però, campi che afferiscono alla persona, alla sua dignità, al suo benessere e al suo sviluppo che sono, e devono restare, intangibili. Educazione e istruzione, sanità, cultura, assistenza – in particolare ai disabili e ai minori –, sono dimensioni di civiltà per un popolo e per una Nazione. Gli ultimi provvedimenti del Governo sembrano, purtroppo, seguire una cieca e semplificatoria “logica”, dettata da esigenze di cassa legate all’immediato, piuttosto che dal cercare soluzioni forse più complesse, ma di minore impatto sociale.
L’Associazione Italiana Maestri Cattolici (AIMC) considera fortemente penalizzante per l’intero sistema scolastico pubblico l’imposizione dell’Imposta MUnicipale propria (IMU) alle scuole gestite da enti non profit. Introdurre il pagamento dell’IMU per attività legate al mondo dell’educazione e istruzione non può che avere ripercussioni negative sugli alunni, ragione d’essere di ciascuna e di tutte le scuole appartenenti al sistema scolastico pubblico, così come delineato dalla Legge 62/2000 della Repubblica.
Aumentare la pressione impositiva in una congiuntura economica già difficile e complessa significa decretare l’inevitabile chiusura di molte istituzioni scolastiche paritarie, in particolare del mondo cattolico, che al pari delle statali fanno del servizio alla persona la loro ragione d’essere. La contemporanea riduzione di fondi al sistema scolastico pubblico e la richiesta di nuove tasse potrà, forse, riempire un po’ le casse, ma renderà, sicuramente, il nostro Paese più povero di fronte alle nuove generazioni e al loro futuro.

La presidenza nazionale AIMC
Roma, 6 dicembre 2012

Come assumere i docenti?

pensaprogetta1.jpgLe Associaizoni professionali AIMC Lombardia, Diesse Lombardia, IRSEF Lombardia, UCIIM, Disal e il Sindacato CISL Scuola Lombardia organizzano per Venerdì 28 settembre 2012 alle ore 15.30, presso la Sala Gi Group, Piazza IV Novembre 5, Milano, il Seminario “Come assumere i docenti?”.

Il Seminario vuole essere un’occasione per uno scambio di osservazioni e proposte, intorno al tema, tra i rappresentanti di associazioni professionali e sindacato.

In questi tempi in cui i sistemi di reclutamento consueti sembrano creare diversi problemi occorre fare i conti con la necessità di “nuove forme di assunzione” degli insegnanti, più vicine alle realtà e alle necessità delle scuole e dei loro contesti territoriali e dall’altro con interessi consolidati e principi costituzionali da considerare.

Introduce i lavori: Silvio Colombini, segretario generale CISL SCUOLA LOMBARDIA.

Note relative alla bozza delle Indicazioni nazionali 2012

aimc.jpgL’Associazione Italiana Maestri Cattolici (AIMC) esprime generale apprezzamento per il lavoro svolto dal gruppo tecnico estensore e per l’impianto complessivo della bozza delle Indicazioni nazionali 2012 anche se, nel contempo, evidenzia alcuni aspetti di criticità oltre a una serie di proposte modificative che attengono alla consolidata riflessività associativa e al confronto avuto, in merito al processo di revisione in corso, con la scuola agita.
Proprio a riguardo del coinvolgimento delle varie istituzioni scolastiche non sfugge che la ristrettezza dei tempi, se da una parte non ha facilitato gli estensori, dall’altra ha fortemente compresso il tempo dell’ascolto e del confronto con i professionisti che, avendo “sperimentato” nelle scuole dell’infanzia e del primo ciclo le precedenti Indicazioni, avrebbero potuto fornire un in-sostituibile apporto. La modalità scelta del questionario online ha certamente favorito la rapidità della consultazione ma, forse, ne ha limitato il contributo creativo e dialogico.
A tal proposito, sarebbe particolarmente significativo adottare il principio non esaustivo e definitivo che ha caratterizzato le Indicazioni del 2007. Considerare, appunto, il documento non chiuso e cristallizzato, ma aperto al confronto periodico con la scuola e la ricerca professionale, disciplinare, pedagogica e didattica sembra essere la risposta più adatta alla complessità e dinamicità del tempo che viviamo.
Dar vita a un “cantiere aperto”, monitorato da un’apposita Commissione, permette-rebbe di rendere il testo delle Indicazioni un campo di ricerca e sperimentazione professionale continuamente teso al miglioramento di tutto il sistema.

La Premessa di ampio respiro, in gran parte immutata rispetto a quella del 2007, conferma la propria significatività e fornisce, come quadro culturale e valoriale di riferimento capace di dare maggior forza a tutto l’impianto curricolare, una chiave di lettura essenziale e ineludibile al resto del documento, ponendo l’accento sulla centralità della persona per l’edificazione di un nuovo u-manesimo.
 È da auspicare, inoltre, che venga rafforzato il principio dell’accoglienza degli alunni pro-venienti da culture diverse e di quelli che presentano disabilità, inteso non esclusivamente come ri-mozione di ogni ostacolo alla frequenza, ma come reale integrazione e diritto all’inclusione.
Per quanto riguarda il Profilo, il suo inserimento nelle Indicazioni colma una “debolezza” del documento preesistente. Il riferimento al quadro delle competenze comunitarie è di sicura efficacia anche se, privo di un’adeguata contestualizzazione e declinazione, appare lontano dall’esperienza identitaria della nostra cultura. Il sistema di educazione e istruzione del nostro Paese dovrebbe declinare tali competenze per il proprio contesto nazionale, cercando di dare risposte significative e coerenti alle domande educative che provengono dalle famiglie e dalla società civile.
Alcune competenze, come per esempio “Spirito di iniziativa e imprenditorialità”, risultano poco efficaci a tratteggiare il profilo in uscita di un alunno della scuola secondaria di primo grado. A tal proposito, risulterebbero più significative le competenze di cittadinanza del DM 139/07 sull’innalzamento dell’obbligo scolastico in quanto più adatte a declinare le caratteristiche di un soggetto che riflette e assume consapevolezza delle proprie potenzialità formative.
Restando nella forma attuale, il Profilo risulterebbe carente rispetto alle dimensioni valoriale, etica, ludica, autoriflessiva, spirituale e religiosa, che costituiscono la ricchezza della vita personale di un ragazzo di 14 anni.

Ampiamente condivisibile è la scelta che consolida la responsabilità di tutta la comunità professionale, docenti e dirigenti, che opera con gli alunni dai 3 ai 14 anni, anche alla luce della “generalizzazione” del modello dell’istituto comprensivo.
    Si ritiene positiva la prescrittività dei traguardi, per garantire unità e qualità al sistema nazionale d’istruzione, anche se va intesa nel senso di prescrittività dell’offerta e non dei risultati, aspetto quest’ultimo teso a garantire il successo formativo di tutti e di ciascuno.
Alla luce dei mutati modelli organizzativi rispetto alle Indicazioni del 2007, è opportuna la previsione di lasciare alle scuole l’opzione sull’aggregazione disciplinare per area anche in coe-renza con i principi dell’autonomia. Sarebbe necessario rendere maggiormente esplicito e rafforza-tivo il legame interdisciplinare sia nella primaria sia nella secondaria di I grado.
    Apprezzabile lo sforzo di rendere più chiaro il rapporto tra valutazione e certificazione delle competenze, rilevazioni nazionali e costruzione del curricolo di scuola e di classe.
Tuttavia, permangono dei dubbi: dal documento risulta che le competenze-chiave saranno oggetto di certificazione, ma per questo occorre un chiaro quadro di riferimento per la costruzione del percorso di certificazione, in quanto tali competenze non hanno sempre una corrispondenza di-retta con le discipline. Appare opportuno richiamare la necessità, attraverso il modello ministeriale, di declinare i livelli di padronanza di tali competenze.
    Positivo il richiamo all’autovalutazione di scuola e alla predisposizione di iter formativi per il personale che sono di fondamentale importanza per riflettere su pratiche e risultati di apprendimento della scuola in cui si opera. Utilizzare gli esiti delle rilevazioni nazionali, nella propria scuola, con docenti preparati ad hoc invera nella prassi il senso di corresponsabilità richiamato nel paragrafo della comunità professionale.
    È auspicabile, infatti, generare un circolo virtuoso tra progettazione, realizzazione del curricolo e rilevazioni degli apprendimenti funzionale alla riprogettazione e rimodulazione di un percorso curricolare sempre più rispondente alle esigenze e alle domande di educazione/istruzione dei ragazzi, delle loro famiglie, della comunità.
    Condivisibile la declinazione del ruolo e delle funzioni del Sistema nazionale di valuta-zione rispetto alla valutazione degli obiettivi e dei traguardi previsti dalle Indicazioni.
Risulta superfluo e poco funzionale il riferimento al ruolo e ai compiti generali dell’INVALSI.
    Un suggerimento a margine: considerato che gli obiettivi di apprendimento della primaria sono fissati al termine della terza classe, anche le rilevazioni INVALSI, in logica di coerenza, dovrebbero essere somministrate al temine di questa classe.

Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia:
    – nell’attuale testo risulta non evidenziato il concetto di “sistema pubblico integrato” che proprio in quest’ordine di scuola trova, storicamente, la propria radice e, attraverso la pluralità dei soggetti gestori, risponde al diritto all’educazione dei bambini dai 3 ai 6 anni;
    – nella struttura dei campi di esperienza sarebbe opportuno eliminare la loro sottotitola-zione che restringendo, di fatto, la visione del campo e delle azioni che in esso si compiono, anziché ampliarla, rischia di prefigurare un pre-disciplinarismo inadeguato, andando forse oltre le intenzioni degli estensori;
– si avverte un forte indebolimento degli aspetti identitari che, rispetto a quelli relazionali e collaborativi, risultano di secondo piano;

– interessante e opportuno il Profilo delle competenze del bambino introdotto nella parte conclusiva del testo riferita alla scuola dell’infanzia, che evidenzia e conferma la validità di un per-corso di apprendimento unitario e dinamico nell’ambito dell’intera esperienza scolastica. Può, inol-tre, essere considerato un elemento di promozione della continuità tra la prima esperienza scolastica del bambino e il passaggio alla scuola primaria.
Si evidenzia la necessità di riconsiderare in termini di dinamicità e sviluppo alcune delle competenze che risultano, così come formulate, eccessivamente definite nella loro massima espres-sione e poco rispettose di una processualità in fieri.
 

Per quanto riguarda la scuola del primo ciclo:

Cittadinanza e Costituzione
    Il problema principale è individuare a chi affidare il “carico” di tale insegnamento. Ancorarlo alla sola Storia risulterebbe troppo riduttivo; non specificarlo e tenerlo come sfondo di tutto il curricolo potrebbe risultare marginale, con il rischio di non essere realmente preso in carico da nessuno. Considerato che in ogni disciplina ci sono aspetti formativi che concorrono alla formazione delle competenze di cittadinanza, sarebbe opportuno ricercarli, esplicitarli e descriverli, in termini di obiettivi di apprendimento, in ogni disciplina, così com’è previsto per la geografia (per esempio nella “Regione e sistema territoriale” della primaria) e nei traguardi previsti dalle scienze.

Italiano
    Si conviene sulla specifica definizione delle abilità linguistiche di base, comprese quelle les-sicali, sintattiche, grammaticali, perché danno più forza all’alfabetizzazione strumentale e funzionale della lingua e risultano fortemente in linea con il quadro di riferimento di italiano dell’Invalsi. Va, però, decisamente evidenziata e valorizzata l’importanza, oltre che ai fini dell’inclusione, della lingua italiana come strumento privilegiato per l’apprendimento, per lo sviluppo del pensiero critico e per lo sviluppo delle capacità argomentative.

Lingue comunitarie 
    Si condivide la scelta di raccordarsi agli standard europei e l’inserimento di attività CLIL fin dalla scuola primaria per rafforzare il concetto della lingua veicolare. La forte perplessità riguarda  la fattibilità, in considerazione della scelta operata dal MIUR di non puntare sugli specialisti di lingua inglese che avrebbero potuto garantire adeguate competenze linguistiche; resta, quindi, aperta la questione della formazione degli insegnanti.

Storia
    La predisposizione del curricolo di Storia a ciclo unico (ossia un unico ciclo cronologico, in cui l’intera Storia viene suddivisa e “spalmata” sul ciclo primario) proposto dalla bozza delle Indi-cazioni, conferma il precedente impianto.
L’AIMC ritiene che esso comporti effetti negativi e contraddittori, primo fra tutti il vincola-re, in maniera permanente, l’apprendimento dei diversi periodi storici alle età evolutive, obiettiva-mente diverse. Chi ha esperienza di scuola, ben sa che nel processo di apprendimento è necessario affrontare più volte gli stessi contenuti, sollecitando le capacità che, con il progredire dell’età e della maturazione cognitiva, divengono via via sempre più evolute e complesse. I saperi, infatti, vengono percepiti, a seconda delle età, in modo sempre più articolato, in quanto esiste una tensione evolutiva dello sviluppo del contenuto, ma, contestualmente, esistono operazioni mentali sempre più profonde che viaggiano di pari passo con l’evoluzione della struttura cognitiva e dei suoi processi. È come dire che, per la matematica o l’italiano, sia sufficiente affrontare una sola volta un contenuto o sperimentare una procedura per averne acquisito la padronanza.

Inoltre, affrontare i saperi di una qualsiasi disciplina una volta sola e una volta per tutte, contraddice quella centralità della persona spesso dichiarata, in quanto si trascurano gli aspetti evolutivi e formativi degli alunni, i loro tempi di apprendimento, si ignorano le fasi di sviluppo delle loro capacità e i loro interessi, presumendo che, tra la terza elementare e la terza media, le attenzioni e le capacità percettive e cognitive rimangano immutate. Chi insegna sa che ciò non corrisponde al vero.
Accanto a questo aspetto del problema, ne esiste un altro parimenti importante che riguarda l’approccio metodologico: si dovrebbe partire dalle tracce storiche del presente, visibili nella propria comunità, per indagare aspetti della storia passata e collegarla alla storia del mondo e ai grandi quadri di civiltà. Ciò porterebbe i ragazzi ad affrontare ogni argomento e periodo storico con stimoli e motivazioni ancorati alla propria esperienza e, pertanto, capaci di indurre ad atteggiamenti attivi e interessati.
Partire dalla storia e dalle storie del proprio ambiente di vita, immediatamente vicino, perce-pibile e significativo per i ragazzi, rintracciandone tracce e marcature storiche, favorisce una piena comprensione dell’identità della propria comunità costruitasi attraverso i secoli. Comunità che si re-alizza, si modifica, si interpreta per rispondere significativamente alle esigenze del proprio territorio, affinché uomini e donne possano viverci, responsabilmente, al meglio.
Se è pur vero che nella premessa all’area storico-geografica delle Indicazioni nazionali 2007 appare possibile, anche per la primaria, progettare percorsi che indagano anche l’epoca moderna e contemporanea, resta il fatto che nell’introduzione alla disciplina di Storia la scansione fra primaria e secondaria di primo grado è costituita dalla Caduta dell’impero Romano e, l’editoria scolastica, “ben” si è adeguata a tale proposta.
Obiettivo della Storia, come recita la bozza del nuovo testo delle Indicazioni nazionali, do-vrebbe essere: comprendere il presente, cercandone e apprendendone motivazioni e premesse dal passato e non viceversa. In ciò consiste la vera competenza di vita: vivere la cittadinanza in modo attivo, partecipe e responsabile.

Geografia
    L’approccio metodologico è innovativo, ma richiederebbe maggior tempo da dedicare alla disciplina in quanto la metodologia proposta dal locale al globale con attenzione agli aspetti interdi-sciplinari, propria di tale scienza, richiede un lavoro di indagine e di esplorazione, anche e soprattut-to, nel proprio contesto reale che richiede tempi distesi.

Matematica
    Non si rilevano elementi di criticità. Non vi sono particolari differenze con le Indicazioni nazionali 2007.

Scienze
    Apprezzabile l’approccio laboratoriale e sperimentale. Ben equilibrato e armonizzato l’impianto curricolare.

Musica
Non si rilevano elementi di criticità. Non vi sono particolari differenze con le Indicazioni nazionali 2007.

Arte e immagine
Positivo l’aver rimarcato l’importanza di un approccio laboratoriale da vivere dentro e fuori la scuola, sperimentando, in modo critico e attivo il rapporto con l’universalità del linguaggio artistico e la dimensione della multimedialità.

Scienze motorie e sportive
Sarebbe preferibile sostituire l’intitolazione “Scienze Motorie e Sportive”, eccessivamente formalizzante, con quella del testo delle Indicazioni del 2007 “Corpo, movimento e sport” o meglio  con il più ampio “Corporeità, attività motorie e sportive”, che sottolinea la trasversalità di detto am-bito d’intervento fondamentale per lo sviluppo dell’identità personale e per  “consolidare stili di vita corretti e salutari”.

Tecnologia
Il testo, così come quello del 2007, sembra poco adeguato a rispondere alla pervasività delle tecnologie, soprattutto multimediali, nella quotidianità degli alunni nativi digitali, riferimento prio-ritario delle Indicazioni.
Per il ruolo sempre maggiore che rivestono i new media nel “nostro”, ma soprattutto nel “lo-ro” mondo presente e futuro, l’approccio alla tecnologia e al relativo uso critico e consapevole do-vrebbe essere maggiormente trasversale e interdisciplinare.
Nei “Traguardi per lo sviluppo delle competenze” sono, inoltre, presenti voci troppo difformi: si va dal “si orienta tra i diversi mezzi di comunicazione ed è in grado di farne un uso adeguato a seconda delle diverse situazioni” a un quasi banale e comunque non tecnologico ma puramente tecnico “è capace di piegare o ritagliare carta e cartoncino con perizia e precisione”!

Nota a chiusura
    L’AIMC chiede che, alla pubblicazione del testo definitivo delle Indicazioni 2012, facciano seguito attente ed efficaci misure di accompagnamento consistenti in un’adeguata informazione ma soprattutto in un indispensabile piano di formazione in servizio che renda realmente possibile l’innovazione per il miglioramento che si auspica il documento possa generare.
Sarebbe opportuna, inoltre, un’attenta e puntuale vigilanza sull’editoria scolastica af-finché le Indicazioni nazionali non siano banalizzate nelle proposte di studio.

La Presidenza nazionale AIMC


Documento: Nota relativa alla bozza delle Indicazioni Nazionali 2012

NO! NO! NO!

L’esplosione di un ordigno questa mattina alle ore 7.50 all’ingresso dell’Istituto Superiore “Morvillo-Falcone” di Brindisi, che ha causato la morte di Melissa e il ferimento di numerose altre sue compagne studentesse, costituisce un fatto di una gravità assoluta.
È ancora troppo presto per avere chiarezza sulla dinamica del tragico evento, ma qualunque sia il movente e di chiunque sia la responsabilità, ciò che è certo è che le lancette dell’orologio ideale della vita della nostra Repubblica si sono fermate oggi alle ore 7.50.
La sacralità laica della scuola nella sua ritualità fatta di vita quotidiana, che coinvolge milioni di studenti, genitori, docenti e dirigenti e che è indice di civiltà e di umanizzazione di una società, è stata violentemente profanata. 
La scuola è figlia della società e della cultura in cui opera, ne subisce le influenze, le tensioni e ne vive la complessità, tentando di migliorarla, ma la “sua” extraterritorialità, che è garanzia di sicurezza per i figli e gli studenti di tutta la Repubblica, non deve essere mai violata.
Il forte sospetto che l’obiettivo della mano criminale sia stata la scuola con la chiara intenzionalità di colpire vittime innocenti, forse proprio per il notevole impegno nel diffondere la cultura della legalità, getta un’ombra ancora più cupa sulla tragedia.
L’Associazione Italiana Maestri Cattolici (AIMC), riunita a Milano in Conferenza nazionale, è vicina alle famiglie delle vittime, ai docenti, al dirigente e a tutti gli alunni dell’Istituto Superiore di Brindisi e chiede che lunedì prossimo tutto il Paese si stringa intorno alla Sua Scuola e levi forte il suo no! no! no!

La presidenza nazionale AIMC